COLIBRI'

di Nunzio Landri

La storia della costruzione di un piccolo catamarano a vela secondo il progetto dell’architetto Gabriele D’Alì

Ho iniziato a febbraio  2010 quando ho comprato gli scafi da un signore di Padova che aveva ormai abbandonato l’impresa, e li ho trasportati con un lungo viaggio a Cosenza dove abito, sul tetto della mia macchina insieme ad i fogli di legno di mogano che gli erano rimasti.

Ma erano solo abbozzati non pontati e neanche resinati.

Ho incominciato a lavorarci di tanto in tanto la sera nel mio garage che nel frattempo avevo attrezzato a cantierino casalingo,  con tanto di tavolo da lavoro, morsa, attrezzature varie e sistema artigianale di potenziamento della illuminazione.  Ma soprattutto una buona maschera proteggi fumi e polvere.  

Li ho ripuliti, eliminando per prima cosa delle assi di legno che sporgevano dagli scafi per fare le traverse in legno di unione tra i galleggianti che però secondo me si sarebbero rotte subito.

Poi li ho divisi ognuno in tre gavoni stagni riempendoli di lastre di polistirolo per renderli inaffondabili e lasciandone due vuoti al centro per mettere le cose da mangiare e da bere bene al fresco visto che stanno sott’acqua !

Li ho rinforzati agli angoli  dentro e fuori con nastro di vetro e li ho chiusi resinandoli all’interno.

A questo punto pensavo di dipingere tutto di un bel bianco, ma insieme con mia moglie abbiamo pensato di lasciare il mogano a vista e di dipingere di bianco solo gli angoli per nascondere le fasce di tessuto di vetro.

Nel 2011 i lavori si sono completamenti fermati.

Quest’anno (2012) ho iniziato a lavorare presto a gennaio e spesso faceva davvero un freddo terribile, ma i lavori von dovevano più fermarsi.

Dall’unico rivenditore fornito di alluminio della mia provincia, ho comprato tre  tubi da 50 mm x 6 metri e da quelli ho ricavato le tre traverse da 2 metri l’una, l’albero di 5, 92 metri e il boma da 2, 4 metri.

E’ stato abbastanza difficile prendere esattamente le misure per tagliare i tubi facendo in modo che i due scafi fossero il più possibile paralleli una volta assemblati.

Poi ho rinforzato le due traverse dove poggia l’albero e il timone mettendo all’interno un altro profilato di alluminio a sezione rettangolare di 20mm per 40 mm.

Alla fine per essere sicuro ho messo sotto l’albero un “dolphin striker”. Temevo e temo ancora oggi, che la velatura di fiocco e randa di 11 m quadrati dello Skipper trovata sul web insieme al timone,  potesse schiantare sotto raffica le povere traverse e tutto il resto.

Per fare la canalina della randa sull’albero ho comprato delle strisce di alluminio 40 mm per 2 mm e le ho fatte piegare a “S” in una officina e  le ho rivettate sull’albero che è ribaltabile e smontabile in due pezzi.

Con il sistema dei triangoli, ho scomposto fiocco e randa per cercare di trovare almeno approssimativamente il centro velico della velatura e ho posizionato la pala della deriva in modo che almeno teoricamente la barca fosse leggermente orziera senza considerare chiaramente l’influenza degli scafi.

Ho aggiunto il bompresso per raggiungere i 4 metri originari dello “Skipper” e cercare di rispettare le proporzioni progettate per lo scafo previsto per la mia velatura occasionale.

Per l’attrezzatura ho abbondato per motivi di sicurezza, visto che volevo portarci la mia famiglia e i miei amici e ho messo doppio di tutto.

Quindi due stralli a prua, uno in testa d’albero e uno a due terzi, due sartie laterali sempre in testa d’albero e due terzi e cosi via.

Alla fine ho aggiunto gli strozzascotte del fiocco e della randa sulle traverse dove meglio si poteva. Sui catamarani è uno dei problemi più difficili da risolvere per la scarsità di appoggi robusti.

Con la vetroresina ho ricostruito le parti del timone rotte.

La rete poggia piedi lo costruita tagliando e cucendo a mano con filo robusto e un bel  ago da vela inglese, ad uno ad uno i pezzi ricavati da una cima da 6 mm. In quei momenti credo di aver raggiunto il Nirvana …

Alla fine mi sono anche  preoccupato di costruire  un piccolo carrello porta barca da spiaggia da ancorare alla traversa del timone, per poter spostare tutto anche da solo se fosse arrivato improvvisamente il mare grosso.

 Nelle prove in mare solo poche volte ho avuto un po’ di vento decente. La barca mi è sembrata abbastanza boliniera e veloce, chiaramente soprattutto nelle andatura portanti  e anche considerando la grande quantità di acqua trascinata da quel genere di poppe. Devo dire che in due al traverso riuscivo a stare abbastanza bene dietro un flying junior con una sola persona di equipaggio.

La strambata rimane però sempre da preferire alla virata che è lenta e facilmente fallisce lasciando la barca miseramente con la prua al vento.

Il tutto senza troppi scricchiolii di albero, traverse, deriva e timone.

 Alla fine ci sono voluti due anni e mezzo di lavoro discontinuo,  ma posso dire un massimo di cinque mesi di lavoro continui di sera e qualche volta tutta la notte !

Mia moglie e mia figlia mi  hanno generosamente aiutato a dipingere la barca e lavare le vele e li ringrazio soprattutto per la pazienza dimostrata.

In tutto ho speso mille e duecento euro escluso gli attrezzi per altri trecento euro. 

Lo rifarei ? Mah, una volta è stato bellissimo perché ho veramente imparato tante cose. Un'altra chissà !

Nunzio.
Le foto dell'annuncio
 

timone così come era offerto sul web e che poi ho riparato con la vetroresina e stucco bicomponente.

spaccatura che si era fatto in un galleggiante quando è caduto a terra dal cavalletto del garage, rimediato in seguito.
 
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